Arriverà presto (forse la nomina già nel prossimo Consiglio dei ministri) un commissario all’Anpal. A prevederlo il decreto Sostegni bis, insieme alla riforma della governance dell’Agenzia, che, in un momento in cui stanno per arrivare risorse mai viste anche per le politiche attive del lavoro, ne ridisegna profondamente anche l’organizzazione. Con l’entrata in vigore della riforma (che dovrebbe avvenire tra circa un paio di mesi), “avremo un’Anpal retta da un direttore generale, in cui la rappresentanza delle Regioni sarà evanescente. Anzi, temo che nel tempo si riproponga una contrapposizione tra Stato e Regioni e tra pubblico e privato, un vero ritorno al passato”, commenta, con Adnkronos/Labitalia, Maurizio Del Conte, giuslavorista, attuale presidente di Afol Metropolitana a Milano e che dell’Anpal è stato presidente dal 2016 al 2019. “Il cda di Anpal -spiega Del Conte- anche nel nuovo disegno è composto da tre membri: uno è il presidente, uno di nomina del Mef e uno delle Regioni, ma diventa un organo sostanzialmente formale più che gestionale. E’ il direttore generale ad avere la rappresentanza legale di questa Agenzia e ad avere tutti i poteri del presidente, che ci sarà ma non sarà esecutivo”. Non solo. “La riforma dice espressamente che i tre membri -ricorda Del Conte- devono essere dei dirigenti pubblici e che svolgeranno una mera funzione formale. Dunque, riassumendo: avremo un membro del Cda nominato dalle Regioni, ma che non avrà nessun potere (tra l’altro è anche previsto che la partecipazione al Cda sia a titolo gratuito). Viceversa, il direttore generale potrà invece prendere molto di più di quanto prendeva prima il presidente, per cui non c’è neanche un risparmio da tutta questa riforma”.
“Mi auguro resti forte autonomia operativa”
“Mi auguro che Anpal resti un’Agenzia con i poteri e le prerogative tipiche delle Agenzie del lavoro europee e quindi con una autonomia operativa, e non di indirizzo politico. Ad Anpal deve rimanere una forte autonomia operativa e gestionale: deve poter gestire il Fondo sociale europeo e deve essere in grado di poter fare coordinamento tra le Regioni” dice Maurizio Del Conte. “Ma per farlo -sottolinea il giuslavorista- Anpal dovrebbe avere anche una forte rappresentanza nel cda delle Regioni stesse. Ma su questo mi pare che la riforma della governance abbia mancato l’obiettivo: aver lasciato un solo membro nominato dalle Regioni nel Cda (quindi minoranza) e soprattutto aver svuotato di un ruolo il consiglio di amministrazione non favorisce quel dialogo Stato-Regioni che a livello nazionale si sarebbe potuto realizzare soprattutto attraverso l’Anpal”. Il rischio ora è di “non avere un progetto nazionale condiviso”, spiega Del Conte. “Sappiamo bene -dice il presidente di Afol- che il Titolo V della Costituzione attribuisce alle Regioni la gestione sul territorio, ma non possiamo avere un sistema di politiche attive che va a 20 velocità diverse. Quindi io mi sarei immaginato una forte responsabilizzazione nel programma nazionale nell’idea di creare strumenti e misure di politiche attive comuni, con un soggetto come Anpal in grado di controllare che tutti rispettino gli stessi standard e che quindi si dotino degli stessi servizi e abbiano le stesse opportunità. Se davvero Anpal deve realizzare il Sistema Informativo Unico, sarebbe il caso che questo fosse uno dei temi centrali che si discutono tra regioni all’interno di Anpal: è una questione operativa. E’ dal 1997 che se ne parla da Borsa lavoro a Sil. Sono criteri già definiti dalla legge, dal dlgs 150/2015, serve solo realizzarli. Ho paura che questa disarticolazione tra Anpal Anpal Servizi e ministero del Lavoro non vada in questa direzione, non sia funzionale”.
Tre organismi che si occupano delle stesse cose
Dopo l’esercizio provvisorio del commissario avremo: “Anpal, Anpal Servizi e poi – anche se non è scritto nella legge di riforma ma è già stato più volte annunciato – avremo la costituzione di una direzione generale Politiche attive del Lavoro presso il ministero, che si può fare attraverso un decreto del ministro che riorganizza gli uffici. Con questi tre organismi si può formare una ‘triplicazione’ di funzioni perché in teoria fanno tutti e tre la stessa cosa. Più che una semplificazione, mi pare una complicazione” spiega Del Conte .”Sarebbe stato meglio un’operazione più ordinata -aggiunge Del Conte-con la nomina di un commissario per risolvere i problemi di immediata operatività di Anpal, ma senza presentare contestualmente una riforma già definita, ragionando poi in un tavolo congiunto con le Regioni presso l’Anpal, come chiamare a responsabilizzazione tutti i soggetti della rete dei servizi per l’impiego a partire da quanto disegnato dalla legge 150/2015: servizi pubblici, privati, istituzioni Inps, Inail, gli enti formativi, le università. Quello che temo che si riproponga una contrapposizione tra Stato e Regioni e tra pubblico e privato mentre avremmo bisogno di chiamare a raccolta Stato, Regioni, pubblico e privato”, afferma. “Per la prima volta abbiamo una formidabile iniezione di risorse con cui abbiamo veramente la possibilità di costruire le politiche attive: se si hanno le risorse e i soggetti, bisogna chiamare a raccolta questi ultimi dire loro ‘condividiamo un progetto’ sapendo che finalmente si possono fare le nozze senza i fichi secchi, e chiarire chi fa cosa secondo una governance precisa, che lasci a ciascuno il suo pezzo di attività, ma sapendo che le risorse non ci sono se qualcuno non fa quello che deve”, conclude Del Conte.
“Sblocco licenziamenti soluzione di buon senso”
“Sullo sblocco dei licenziamenti si è arrivati a una soluzione di buon senso perché, da una parte, c’è un ulteriore sforzo del governo nel concedere la cassa integrazione fino a fine anno, senza ulteriori costi per le imprese (quindi ci sarà una copertura per la cigo e la cigs fino al 31 dicembre), dall’altra, però, per le imprese che fanno richiesta di cassa integrazione, è precluso il licenziamento” dice ad Adnkronos/Labitalia Maurizio Del Conte. “Ma questa -ricorda Del Conte- è una regola abbastanza consolidata nel nostro ordinamento. Per tutto il resto si apre la possibilità di fare i licenziamenti, si torna sostanzialmente alla normalità, non è un via libera a licenziamenti”. “Credo che 1 anno e 4 mesi di blocco dei licenziamenti sia stato un periodo che avrebbe consentito di fare molto per affrontare la transizione che si renderà necessaria per tutti quelli che hanno già perso il posto di lavoro. Noi continuiamo a raccontarci questo scenario del post-blocco, ma intanto 500.000 persone hanno perso il lavoro e forse anche molti di più. Di questo dovremmo occuparci” aggiunge.
“Ammortizzatori sociali non sono solo cig e naspi”
“Se si vuole riformare gli ammortizzare sociali, sarebbe il caso di non pensare solo a modificare la cig o la naspi, ma di immaginare finalmente le politiche attive. Prendendo esempio (perché non c’è da inventare nulla) dai Paesi che ci circondano: negli altri Paesi europei gli ammortizzatori sociali sono un sostegno al reddito in un percorso di riqualificazione e ricollocazione. Questo comporta una scelta, tra cig e indennità di disoccupazione”, avverte Del Conte. In Italia, aggiunge, “non accettiamo un dato di realtà e cioè che tutte le procedure di licenziamento collettivo sono precedute da un periodo di cassa integrazione”. “Questo vuol dire che noi usiamo la cig semplicemente come anticamera del licenziamento collettivo, come era una volta la mobilità. Ossia: davamo al lavoratore un po’ di soldi in attesa di mandarlo in prepensionamento. Ma oggi non si può più fare: non possiamo pensare di mandare in prepensionamento i 55enni. Dobbiamo creare opportunità nel mercato del lavoro e non pensare che l’ammortizzatore sociale sia un percorso senza uscita o con uscita pensionistica”, conclude Del Conte. (di Mariangela Pani)