Nell’anno della pandemia ‘il ghosting’ si è fatto strada nel mondo del lavoro. È quanto emerge da uno studio di Indeed – portale numero 1 al mondo per chi cerca e offre lavoro – sul mercato statunitense. Il termine ‘ghosting’ ha preso piede nel mondo dell’online dating e in generale delle relazioni personali per descrivere l’atteggiamento di quelle persone “che spariscono da una relazione senza lasciar traccia”. In ambito lavorativo, si intende la ‘scomparsa’ di uno dei due partecipanti al processo di recruitment. Se nel 2019, il fenomeno del ghosting nel mondo del recruitment era abbastanza contenuto e riguardava soprattutto i candidati, nel 2020 si è iniziato a registrare un trend crescente e a doppio senso, con episodi frequenti anche da parte dei datori di lavoro.
Secondo quanto emerge da un sondaggio che ha coinvolto 500 persone in cerca di lavoro e 500 recruiter negli Stati Uniti, nel 2020 il 28% delle persone in cerca di lavoro ha dichiarato di aver fatto ghosting (a fronte del 18% nel 2019). A conferma del fenomeno, il 76% dei datori di lavoro dichiara di averlo subito da parte di potenziali candidati e che ormai si tratta di un atteggiamento piuttosto diffuso (57%). Alcune persone in cerca di impiego interrompono i rapporti ancora prima del completamento del processo di assunzione/recruiting, ma si sono verificati anche casi di nuovi assunti che non si sono presentati il primo giorno di lavoro.
Allo stesso modo, più di 7 persone in cerca di lavoro su 10 hanno confermato di essere state “piantate in asso senza spiegazioni” da un potenziale recruiter/datore di lavoro. Dopo essersi resi conto che un candidato non è adatto, il responsabile del processo di selezione ha interrotto le comunicazioni senza curarsi di condividere un feedback o critiche costruttive; 1 persona su 10 riporta addirittura casi di recruiter che hanno fatto ghosting anche dopo aver concluso verbalmente un accordo.
La pandemia ha influito sul diffondersi del fenomeno, ma non è certo l’unica causa. Perché chi è in cerca di lavoro a un certo punto decide di scomparire? Perché riceve un’altra offerta (20%), perché insoddisfatto della retribuzione (13%) o perché ha ritenuto che il lavoro non fosse adatto alle proprie aspirazioni (53%). Seppur 1 persona su 2 ritiene che la pandemia possa avere influito (48%), solo il 4% indica le problematiche legate al Covid-19 come causa specifica. Ugualmente, la percezione è che la pandemia abbia influito anche sul comportamento dei recruiter. Più della metà di chi cerca un impiego (51%) ritiene che oggi i datori di lavoro facciano ghosting molto più di prima.
Secondo Dario D’Odorico, responsabile per il mercato Italia di Indeed.com, “il ghosting non è più insolito nel mondo del lavoro. Lo vediamo anche in Italia. È una pessima prassi, con strascichi pesanti in termini di consapevolezza di sé per il candidato e di reputazione per l’azienda. Trasparenza, empatia, autenticità devono essere alla base di ogni processo di selezione, da entrambe le parti”.
“Per evitare un fenomeno così spiacevole, le aziende -continua D’Odorico- devono investire nella relazione con i candidati. Abbiamo iniziato a puntare molto su strumenti come i virtual hiring day: sessioni di recruitment interamente online che accorciano i tempi, ma mantengono la vicinanza. Allo stesso modo, è bene che i candidati si informino sulle aziende e sul loro approccio in fase di recruitment. Indicazioni semplici, che spesso emergono facilmente da strumenti come le company reviews a disposizione sul nostro sito”. I prossimi National Hiring Days organizzati da Indeed sono in programma per giovedì 27 maggio (dedicato ai ruoli sales), giovedì 10 giugno (dedicato ai ruoli digital e It) e giovedì 17 giugno (aperto ad aziende di tutti i settori e dimensioni).