“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure…”
Così recita l’Art. 21 della Costituzione italiana, individuando, a ragione, l’inalienabile diritto alla libertà di stampa. Nel rispetto del costume e della privacy, un giornalista ‘dovrebbe’ poter raccontare con esattezza e precisione lo svolgimento dei fatti rispetto ad eventi, persone o situazioni, senza subire condizionamenti o peggio, minacce o ricatti.
Libertà di stampa: c’erano una volta gli editori ma, soprattutto, i lettori ‘pensanti’…
In Italia purtroppo spesso non è così. Un po’ perché negli anni gli editori, la linfa vitale dell’informazione, hanno smarrito del tutto quella vocazione forse oggi poetica rispetto alla verità come concetto a se tante, trasformandosi molto spesso in imprenditori, con tutte le ‘commistioni’ – soprattutto ‘politiche’ – che tale categoria annovera; e poi, complice l’involuzione culturale esercitata dalla televisione, gli stessi lettori hanno smarrito il senso ‘critico’ e la frequentazione con il quotidiano, a vantaggio di una ‘massificazione’ mediatica incentrata sull’apparente ‘sensazionalismo’, quando non addirittura sulla morbosità. Dunque, anche il rapporto con il lettore è radicalmente cambiato, fagocitato dal frenetico ‘dettare il tempo’ dei supporti elettronici: l’immagine ha finito per sostituire lo scritto e, nella maggior parte dei casi – per motivi ‘commerciali’- i titoli sono poco realistici quando non veritieri.
Libertà di stampa: il paradosso dei social ‘liberi’ e dei giornalisti ‘controllati’
La riprova di questa involuzione è rappresentata dalla straordinaria ‘credibilità’, rispetto alle notizie o ai fatti, rappresentata invece dai social, notoriamente terra di ‘pascolo’ per avventurieri e ‘predicatori’ di ogni risma. Purtroppo, in parte, paradossalmente i ‘mandanti’ sono gli stessi media, quella maggioranza, come dicevamo, ‘assoggettata’ da interessi privati, impossibilitata ad ‘imporre’ la verità. Ormai i cosiddetti ‘poteri forti’, che altro non sono coloro che ‘pagano’ (gruppi imprenditoriali, società quotate in borsa, gli stessi politici, e via discorrendo), hanno di fatto trasformato la stampa in una sorta di ‘arma’. Come tanti comuni impiegati, almeno in Italia, la maggior parte dei giornalisti (quei pochissimi ‘contrattualizzati’), svolge il suo ‘compitino’ quotidiano davanti ad uno schermo del pc, e se ‘principiante’, fuori dalle stazioni di Polizia, dietro ad un corteo, o fuori un pronto soccorso.
Libertà di stampa: un settore che paga la ‘confusione’ totale che regna nelle professioni
Potremmo scrivere all’infinito per tentare di spiegare perché la nostra società disattende il principio della libertà di stampa (non tanto osservando il malcostume dilagante che, pure nelle piccole cose, viviamo tutti i giorni), ma forse dovremmo andare a ricostruire un enorme puzzle dove, a ben guardare, nessun tassello si trova dove dovrebbe essere. Eppure, basterebbe porci delle domande apparentemente banali: perché un giornalista o un sindacalista anelano un ruolo politico? Perché la politica è presente ‘per quote’ nell’informazione pubblica? Perché nella magistratura? Perché imprenditori e banche hanno dei precisi ‘riferimenti’? Ed ancora, perché – in ‘scala’ – ad ogni elezione, di conseguenza cambiano dirigenti e funzionari delle partecipate, delle Asl, dei ministeri, persino nelle banche, e via dicendo, resettando di fatto il lavoro fin qui svolto? Se non si capisce più ‘chi fa cosa e perché lo fa’, come pretendere di poter contare su una stampa libera di scavare fin in fondo rispetto queste evidenti incongruità?
Libertà di stampa: ultima in Europa l’Italia è purtroppo al 41imo posto nel mondo
Dunque, la domanda è: in Italia, e più in generale anche altrove, esiste la libertà di stampa? L’evidenza dei fatti, fra i tanti ad occuparsene, è suggerita ad esempio dal Reporter Without Borders che, attraverso il ‘World Press Freedom Index’, stilando la classifica annuale relativa a paesi dove la libertà di stampa è più ‘frequentata’, colloca il nostro Paese al 41imo posto. addirittura alle spalle di paesi come la Namibia.
Interrogando direttamente i giornalisti rispetto alle pressioni ed alle minacce ricevute, guarda caso, il podio è riservato ai paesi nordici, proprio laddove regnano il benessere, la cultura, la civiltà e l’educazione. Tra i paesi europei la Germania è 11ima, seguita subito dopo dal Belgio. Prima di noi, dopo la Spagna (29), la Francia (34) e, in Europa, dal Regno Unito (35). Quindi, dopo un’altra ‘sfilza di paesi’, tra i quali la Jamaica, il Costa Rica, il Ghana, il Burkina Faso e, per l’appunto, la Namibia, ecco il Belpaese!
Libertà di stampa: gli appelli solidali dell’Onu e dell’Europa… ed anche del Papa
Ecco perché oggi, in occasione della Giornata mondiale per la libertà di stampa, ad ascoltare le parole pronunciate per l’occasione da Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, a noi, cittadini di ‘uno dei Paesi maggiormente industrializzati’, viene quasi da sorridere: “In troppi Paesi giornalisti e operatori dei media affrontano censura, abusi, molestie, detenzione e persino morte, semplicemente per fare il loro lavoro”. Dunque, ha proseguito il segretario, “Esorto tutti i Governi a fare tutto ciò che è in loro potere per supportare media liberi, indipendenti e diversificati’’.
Dal canto suo l’oggi presidente dell’Eurocamera (che come tantissimi ‘politici influenti’ proviene dal giornalismo), David Sassoli, ha commentato che “Minacciare un giornalista significa minacciare la libertà di tutti. Senza una stampa indipendente non esiste una vera democrazia. Il Parlamento europeo è al fianco di tutti i giornalisti che subiscono intimidazioni mentre svolgono il loro lavoro essenziale“.
Come sempre ‘consolatorio’ il commento del Santo Padre che, attraverso Twitter ha scritto: “Usiamo tutti gli strumenti che abbiamo, specialmente il potente strumento dei media, per costruire e rafforzare il bene comune. Impegniamoci a usare #MediaforPeace. #Signis”.
Tutto giusto ma, tanto per dirne una, nel nostro Paese solo a ‘nominare’ un politico – pur senza accusarlo di nulla – si rischia una querela.
Addirittura, colleghi del settore sportivo, ancora oggi raccontano di un noto allenatore calcistico il quale, in base alle ‘pagelle della domenica’, stilava una lista di giornalisti ‘buoni e cattivi’, che poi passava all’ufficio stampa della società il quale, in conferenza stampa ‘dava possibilità di parola’ solo agli ‘amici’…
E stiamo parlando di calcio… a già: anche nel calcio ormai si parla solo di ‘miliardi’…
Max