Sulle riaperture dei ristoranti la sera, uno dei punti sui quali spingono le regioni e che il governo Draghi potrebbe valutare soprattutto da maggio se l’andamento dei contagi di Covid e della campagna vaccinale lo consentiranno, si accende il dibattito tra gli esperti. Diversi scienziati si dicono d’accordo a un allentamento delle misure e delle restrizioni, considerato un segnale importante per la ripartenza del Paese. Sulla tempistica, però, qualcuno chiede ancora prudenza.
“I ristoranti devono riaprire con tutte le misure di sicurezza che conosciamo, ma vanno aperti già a maggio e anche la sera. Con la possibilità di cenare fuori perché siamo un paese dal clima caldo e con i distanziamenti e le misure di sicurezza si può fare. E’ un segnale che va dato al Paese”, dice Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e componente dell’Unità di crisi Covid-19 della Liguria.
Secondo l’infettivologo Massimo Andreoni, invece, su questo punto “sarebbe meglio avere un attimo di riflessione”. “In questo momento direi di no, visti i dati epidemiologici. Meglio aspettare l’estate”, è il commento lapidario del direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma. “Capisco che una volta che si iniziano a riaprire le scuole e altre attività, si potrebbe anche pensare di riaprire i ristoranti con regole rigide come i distanziamenti e soprattutto negli spazi all’aperto. Ma, ripeto, sarebbe meglio aspettare il periodo estivo”, ribadisce Andreoni all’Adnkronos Salute.
Di diverso parere è l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione italiana di medicina personalizzata. “Alla domanda degli operatori della ristorazione rispondiamo che a maggio si potrà e si dovrà aprire. È da un anno che diciamo, certamente con prudenza, che i luoghi all’aperto non sono l’autostrada del virus, anzi. Aggiungo che oggi scopriamo, con soddisfazione, che lo dicono anche altri, e allora le autorità governative possono accettare le nostre indicazioni e consentire ai ristoranti di lavorare in sicurezza”, evidenzia Minelli. “Se apriamo le scuole in presenza, possiamo aprire anche i bar e i ristoranti, sperando di recuperare il terreno sottratto dal lockdown parziale e non risolutivo. Lo diciamo convintamente anche perché, purtroppo, la ‘didattica a distanza’ per la ristorazione e la colazione non l’hanno ancora inventata. Aspettiamo la fantascienza per questo”, conclude Minelli.
Anche secondo Roberto Burioni si deve andare verso le riaperture, soprattutto dei locali con tavoli all’aperto: “I dati indicano che il contagio all’esterno è molto raro. Perché, con l’arrivo della bella stagione, non riaprire subito bar, ristoranti e pure teatri all’esterno, non lesinando autorizzazioni?”, scrive su Twitter il virologo dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. “A me – sottolinea – non dispiacerebbe cenare fuori o assistere a un concerto con il cappotto”.
Secondo l’immunologo Mario Clerici “siamo tra Scilla e Cariddi”, fra due fuochi. “Da un lato il rischio di contagio e dall’altro la necessità di riaprire. E navighiamo a vista. Da un punto di vista umano, da persona che come tutti vuol tornare a uscire a cena e incontrare gli amici, di fronte ai progetti di riapertura dell’Italia dopo settimane di restrizioni mi vien da dire ‘finalmente’. Da medico mi sembra ancora una follia”, sono le parole del docente all’università degli Studi di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi. “Bisogna fare i conti con entrambe le istanze che abbiamo – evidenzia all’Adnkronos Salute – da un lato c’è il problema della diffusione del virus e di una sanità che è ancora sotto stress, dall’altro la necessità di tornare alla vita. Io stesso ho due figli che sono stati in Dad praticamente per un anno e mezzo. Sono tornati in questi giorni nelle aule, uno all’università e l’altra alle scuole superiori, ed erano contentissimi. Difficile da padre non capirli. Da medico so che allentare ora non è una scelta saggia perché torneranno a salire i contagi nel giro di 20 giorni, ma nel contempo capisco si debba conciliare il grosso rischio con il ritorno alla vita. E’ un equilibrio precario”.
Come rendere le riaperture il più sicure possibile? “L’uso massivo di tamponi, per entrare in classe, andare al bar o al teatro non mi convince proprio, mi sembra una prospettiva irrealistica – riflette – Giorni fa se ne parlava per i ragazzi delle scuole e il personale scolastico. Tamponare tutti? Ma come si fa? Forse con il tampone salivare potrebbe essere più facile ma non saprei anche in questo caso”. Tornando alle riaperture di cui si discute in questi giorni, “se si sceglie di far ripartire le attività allora si punti il più possibile sugli spazi all’aperto”, suggerisce Clerici. “Si sa che il contagio avviene in ambienti chiusi e all’aperto i raggi solari in pochi secondi uccidono il virus”, spiega l’immunologo che per questo motivo, rispetto a chi teme che ripartire adesso possa mettere a rischio l’estate, è più cauto: “Io sono convinto che, nel momento in cui la quantità di raggi solari diventa più alta e contribuisce a inattivare il virus, l’entità della trasmissione di Sars-CoV-2 diminuirà. E credo che nei mesi caldi andrà meglio. A ottobre, invece, vedremo. Noi abbiamo condotto degli studi e pubblicato bellissimi dati” sul potere della luce ultravioletta. “E ora stiamo portando ulteriori conferme”.
“Sicuramente il ristorante di per sé è un luogo da considerare a rischio perché il bello della cena è lo stare insieme a lungo, ridere e scherzare, ed è dimostrato che tutto questo facilita lo sporco lavoro del virus”. Così all’Adnkronos Salute Fabrizio Pregliasco, virologo e docente dell’università Statale di Milano. “Facciamolo – dice – ma non con quel ‘liberi tutti’ che è stato un po’ il problema del passato. E’ chiaro che saranno fondamentali dei protocolli attenti. L’apertura negli spazi all’aperto dove c’è più ventilazione e più spazio mitiga un po’ il rischio, ma sarà fondamentale anche la responsabilità dei singoli perché non è solo il povero ristoratore che può far fronte a comportamenti di chi deborda un po’”.
Attenzione particolare, suggerisce Pregliasco, va tenuta “nella fase dell’ingresso e dell’uscita, mantenendo sempre il distanziamento tra le persone e magari rimettere la mascherina quando si è finito di mangiare”.