“In questo periodo da noi entra una media di sette persone alla volta, tutti isolati in una stanza con una persona che li assiste per poi essere sottoporsi a tampone ed entrare in comunità. Ad oggi e da dicembre scorso non abbiamo registrato nemmeno un positivo al Coronavirus. All’interno di San Patrignano quest’anno è stato un anno stranissimo, fatto di fasi diverse: il primo periodo, iniziato a marzo scorso, i ragazzi lo hanno sofferto per la paura legata alla poca conoscenza del virus. Hanno subito l’impossibilità di ricevere visite o andare, come previsto in una seconda parte del percorso, qualche volta a casa. Hanno subito molto la sospensione delle scuole e dei corsi di formazione. Tutto è stato fermo, cristallizzato”. Il dottor Antonio Boschini, responsabile sanitario terapeutico di San Patrignano, spiega all’Adnkronos l’andamento del Covid nella comunità di recupero più grande d’Europa.
“Il problema grosso è stato quando a ottobre scorso è entrato virus a San Patrignano, avendo 250 dipendenti che vivono all’esterno era prevedibile. Abbiamo avuto una epidemia di Covid che ha colpito metà 450 ragazzi nell’arco di due mesi – spiega il dottore, lui stesso ex ospite della Comunità – ma nessuno di loro ha avuto bisogno di ossigeno. Tutti con forme lievi. E’ un fenomeno curioso, vero è che ho passato i dati all’istituto Mario Negri di Milano e a ricercatori della Sapienza di Roma perché lo stiamo studiando. Qui nessuno beve, fuma, forse anche questo può avere aiutato. All’inizio ho dovuto affrontare dei casi di crisi di panico, due in tutto e all’inizio più che altro, quando non si conosceva il virus. Poi, quando hanno visto che i sintomi erano anche meno rispetto a quelli di una semplice influenza, si sono tranquillizzati”.
“La Comunità è diventata una comunità nel vero senso della parola, dove quelli che stavano bene lavoravano molto di più per compensare il lavoro di chi non poteva, soprattutto nei settori produttivi mentre gli altri hanno dovuto subire un periodo idi inattività, che per una persona con dipendenze è molto doloroso. Ci sono persone che, ad esempio – spiega ancora il responsabile del centro sanitario – vanno in crisi il sabato e la domenica, quando possono stare ferme e pensare. Abbiamo creato dentro San Patrignano un’area residenziale dove trasferivamo tutte le persone con tampone positivo. Qui i contagiati dal Covid potevano stare all’aria aperta, giocare tra loro, fare ginnastica. Abbiamo fatto dei test psicologici per vedere cosa è cambiato nelle persone prima e dopo il Covid, ma dobbiamo ancora elaborarli. Sicuramente non c’è stato un aumento del consumo di psicofarmaci, basso prima come adesso, né un incremento degli abbandoni della comunità”. (di Silvia Mancinelli)