Covid e cura domiciliare dei pazienti over 65 che presentano sintomi lievi con l’interferone beta: è l’obiettivo di uno studio promosso dall’Istituto di farmacologia traslazionale (Ift) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), disegnato in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità (Iss). Dopo che l’Agenzia italiana del farmaco Aifa ha approvato il trial, i ricercatori sono pronti ad arruolare pazienti sul territorio romano. La sperimentazione sarà condotta dall’Istituto nazionale per le malattie infettive (Inmi) ‘Lazzaro Spallanzani’ della Capitale, in collaborazione con l’Unità speciale di continuità assistenziale regionale (Uscar), mentre i risultati saranno analizzati dall’Iss per valutare l’efficacia del trattamento nel ridurre la progressione a forme più severe e nell’accelerare la negativizzazione.
Gli interferoni – ricorda una nota – svolgono un ruolo essenziale nelle infezioni virali, agendo come un campanello di allarme. Diversi studi, alcuni dei quali condotti nei laboratori dell’Iss, hanno dimostrato che in aggiunta a un’attività antivirale diretta, che si esprime al meglio nelle prime fasi dell’infezione, l’interferone beta possiede anche spiccate proprietà immunomodulatorie tra cui l’induzione di anticorpi e la stimolazione di risposte cellulari contro il virus.
“E’ noto – afferma Filippo Belardelli, già direttore del Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina molecolare dell’Iss, ora ricercatore senior associato presso l’Ift-Cnr – che i soggetti anziani mostrano una fisiologica riduzione dei livelli di interferone, il che li rende più vulnerabili alle infezioni. E’ ormai chiaro che gli interferoni abbiano un ruolo chiave nel controllo delle fasi più precoci di replicazione del coronavirus e nell’attivazione del sistema immune. Ed è proprio da qui che nasce il razionale dello studio, ovvero ripristinare nei pazienti anziani livelli ottimali di interferone nelle prime fasi dell’infezione”.
“Ci aspettiamo che il trattamento con interferone possa stimolare una migliore risposta immunitaria contro il virus, minimizzando così il rischio di progressione della malattia”, aggiunge Eleonora Aricò, coordinatrice del progetto per l’Iss.
“L’interferone beta è da tanti anni in clinica e stavolta verrà usato a un dosaggio basso che non dovrebbe avere effetti collaterali – precisa Giuseppe Sconocchia dell’Ift-Cnr – Altri studi clinici lo hanno utilizzato in pazienti affetti da Covid-19, ma sempre in stadio più avanzato di malattia, quando forse era troppo tardi. Il razionale innovativo del presente studio risiede quindi nella tempistica del trattamento che infatti avverrà a casa dei pazienti”.
“La diffusione di nuove varianti virali – afferma Emanuele Nicastri, direttore Uoc di Malattie infettive ad alta intensità di cura dello Spallanzani – mostra l’importanza di identificare farmaci anche domiciliari capaci di contrastare il virus sin dalle prime fasi di infezione, riducendo la sintomatologia nei soggetti più vulnerabili al Covid-19”.