È oramai un anno che siamo sottoposti a chiusure, restrizioni, limitazioni, distanziamenti tra regioni, provincie e comuni, e aree territoriali sottoposte dai colori dal rosso, arancione, giallo, infine mutazioni, variazioni di scuro e financo a regione bianca, apparsa in questi giorni, la Sardegna. Non cambia forse la percezione della variante – ah Sorry – la variazione sullo stesso tema a livello europeo e locale? Vedere l’Europa a 27 Paesi, che dopo aver detto tutto il male sciagurato che sarebbe occorso alla Gran Bretagna una volta andata fuori di Brexit (cosa che, dati alla mano non sembra, sia andata rovescia, anzi!) sembrano i 27 membri coperti da una pelliccia di leopardo, maculata. L’Europa è tornata alle frammentazioni d’età feudale, dove i principati, ducati e contee, o liberi comuni sulla carta o di fatto, ognuno faceva per conto suo e in proprio tornaconto.
Non è così per i piccoli imprenditori, specie quelli lasciati senza risarcimenti, ristori, o lavoratori con contentini da bonus o forse meglio dire per mancia ricevuta. Cosette queste, se pensiamo al tracollo del Pil Prodotto interno lordo dell’Italia, e specificamente nel settore del turismo, quindi alberghi, ristorazione, tutta l’economia legata all’indotto che vale circa il 30% dell’economia nazionale. Entrate mancate e debiti, tasse, spese fisse, affitti e utenze da pagare, hanno ingenerato situazioni drammatiche. L’emergenza e le emergenze creano situazioni che andrebbero valutate caso per caso sul territorio.
I summit dei leader dei 27 Paesi dell’Unione europea portano avanti la discussione sulla necessità di dotarsi di un certificato vaccinale. Sorgono molti dubbi in merito all’adozione di un documento di libera circolazione che lasci aperte le frontiere. Un fatto è introdurre un certificato di avvenuta vaccinazione a scopo medico, altra cosa è un documento per spostarsi all’interno dei confini europei per la libera circolazione dei lavoratori, si pensi alle code al Brennero per i mezzi pesanti, dell’autotrasporto, o su strade ferrate, ingorghi avvenuti giorni or sono. In linea generale è indiscutibile che la disciplina è legata al lavoro, le normative anche in tema d’emergenza sono disciplinate come tutela della salute nei luoghi di lavoro. E, il datore di lavoro, ad esempio, “non può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati” e tanto meno trattare i dati sanitari dei suoi dipendenti. Sono materia quei dati di esclusiva competenza dei medici, questo è quanto chiarisce il Garante della Privacy. Parlare di vaccinazione obbligatoria o di covid-pass sembra abbastanza distante dalle norme in vigore. Oltre al Garante della Privacy la legge fondamentale è la Carta Costituzionale della Repubblica che all’articolo 32 recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
E, come segnala il Garante della Privacy: “La questione sarà oggetto di una prossima segnalazione al Parlamento”. Questo è quanto si legge il 1 marzo 2021 sul sito ufficiale.
Covid: Garante privacy, no a “pass vaccinali” per accedere a locali o fruire di servizi senza una legge nazionale
“Con l’arrivo dei vaccini anti-Covid-19 si discute dell’opportunità di iniziare a implementare soluzioni, anche digitali (es. app), per rispondere all’esigenza di rendere l’informazione sull’essersi o meno vaccinati come condizione per l’accesso a determinati locali o per la fruizione di taluni servizi (es. aeroporti, hotel, stazioni, palestre ecc.).
A tale proposito, nel caso si intenda far ricorso alle predette soluzioni, il Garante per la privacy richiama l’attenzione dei decisori pubblici e degli operatori privati italiani sull’obbligo di rispettare la disciplina in materia di protezione dei dati personali.
I dati relativi allo stato vaccinale, infatti, sono dati particolarmente delicati e un loro trattamento non corretto può determinare conseguenze gravissime per la vita e i diritti fondamentali delle persone: conseguenze che, nel caso di specie, possono tradursi in discriminazioni, violazioni e compressioni illegittime di libertà costituzionali.
Il Garante ritiene, pertanto, che il trattamento dei dati relativi allo stato vaccinale dei cittadini a fini di accesso a determinati locali o di fruizione di determinati servizi, debba essere oggetto di una norma di legge nazionale, conforme ai principi in materia di protezione dei dati personali (in particolare, quelli di proporzionalità, limitazione delle finalità e di minimizzazione dei dati), in modo da realizzare un equo bilanciamento tra l’interesse pubblico che si intende perseguire e l’interesse individuale alla riservatezza.
In assenza di tale eventuale base giuridica normativa – sulla cui compatibilità con i principi stabiliti dal Regolamento Ue il Garante si riserva di pronunciarsi – l’utilizzo in qualsiasi forma, da parte di soggetti pubblici e di soggetti privati fornitori di servizi destinati al pubblico, di app e pass destinati a distinguere i cittadini vaccinati dai cittadini non vaccinati è da considerarsi illegittimo. La questione sarà oggetto di una prossima segnalazione al Parlamento”.