Il calcio è un po’ più vuoto ora che Diego se n’è andato. Non ha dato il tempo di farsi salutare, ha detto addio dopo essere riemerso dalle sabbie mobili ancora una volta. Ormai c’era abituato, c’eravamo abituati. Soffriva, si dibatteva, poi lo vedevi sempre uscire con quel sorriso contagioso, lucente sotti i riccioli folti.
Stavolta Diego Armando Maradona se n’è andato davvero. Ma se n’è andato davvero? È ancora in ogni ricordo, affondato in ogni calcio dato a un pallone. ‘Ma chi sei Maradona?”, si rincorrerà ancora ad ogni prodigio calcistico, in ogni campetto. In tutto il mondo. Perché il mondo piange D10S. L’ha conquistato con la sua classe, mai così grande in nessun altro, ora lo costringe a conservarne solo il ricordo.
Dio lo ha già incontrato in un campo di calcio, la Sua mano ha toccato il pallone che ha dato l’Argentina alla storia del calcio. “Non ho toccato io quella palla”, raccontò Maradona dopo quell’Argentina-Inghilterra, quarto di finale del Mondiale del 1986. È solo uno dei prodigi del più grande di tutti. Salutato dall’amico e rivale di ogni epoca, Pelè, pochi minuti dopo la sua morte: “Che notizia triste. Perdo un grande amico e il mondo perde una leggenda”, ha scritto O’ Rey.
A Napoli è morta una leggenda, un padre. Un nome di molti figli. Gli scudetti del 1987 e del 1990 portano il suo nome. Oggi la città è in lutto. Sotto la sua gigantografia tifosi piangevano e intonavano inni coperti dal fumo dei fumogeni. L’hanno voluto salutare così, il più grande di tutti. Scomparso per un arresto cardiorespiratorio dopo un intervento al cervello che sembrava l’ennesima sosta di una vita infinita.