Nel giorno dedicato alla mimosa, Anna Maria Crispino – responsabile nazionale di ‘Impresa Donna’ – lancia un’inquietante allarme: con l’avvento del Covid, nel 2020 (fra le tante), hanno cessato la loro attività qualcosa come 4mila aziende guidate da donne, intorno allo 0,29% tra quelle ‘in rosa’.
E dire che, negli ultimi 6 anni, l’imprenditoria femminile stava registrando una crescita esponenziale. In particolare, a soffrirne di più, sono state le giovani, con 154mila under 35 che, nel calo generalizzato, rappresentano l’11,52% del settore produttive.
Come spiega Confsercenti, la crisi occupazionale ha penalizzato le donne in ogni ambito, visto che ben il 70% dei posti di lavoro persi, erano ad appannaggio di quest’ultime.
Un fenomeno preoccupante, per lo più ascrivibile alle regioni del Nord e del Centro. In controtendenza, almeno per una volta, la situazione nel meridione, dove si registra invece un incremento dello 0,26%.
Come spiega ancora la Crispino: “Le difficoltà poste dal lockdown e le restrizioni, in ambito familiare si sono scaricate sulle donne”. Dunque molte imprenditrici, aggiunge, “in assenza di una rete di welfare, che permetta loro di conciliare vita familiare e lavoro, si sono fermate”.
Insomma, un deplorevole vuoto legislativo che, ancora oggi, nega alle donne anche il minimo strumento di assistenza. Questo a dimostrazione che, all’origine dell’avviamento di un’impresa la femminile, c’è tanta passione e grinta, e non certo il benevolo accompagnamento delle istituzioni.
E dire che, proprio l’8 marzo nasce come una Giornata per la rivendicazione dei diritti delle donne. Così, dopo aver dovuto rinunciare ad un’indipendenza economica, aver ottemperato (tra virgolette) ai ‘doveri’, imposti dallo sfiancante ventaglio di ruoli ricoperti (moglie compagna, madre, donne di casa, ed altro), stasera ciascuna donna crollerà esausta a letto, con accanto – sul comodino – l’immancabile, simbolico rametto di mimosa…
Max