(Adnkronos) – Esattamente 100 anni fa, l’8 novembre 1923, a Jefferson City, nello Stato del Missouri (Usa), nasceva Jack St. Clair Kilby, l’ingegnere che sarebbe diventato il papà del microchip. Dopo la laurea all’Università dell’Illinois in ingegneria elettrica e il master all’Università del Wisconsin, Kirby iniziò a lavorare nel settore e nel 1958 inventò il primo circuito integrato, conosciuto anche con il nome di microchip, composto da circa dieci componenti elementari. Un’invenzione da condividere con Robert Noyce che produsse i primi microchip nello stesso periodo utilizzando il silicio come semiconduttore a differenza del germanio scelto da Kilby.
Era l’estate del 1958 quando Kilby, ingegnere neo assunto alla Texas Instruments, non avendo ancora diritto alle ferie estive, passo le vacanze lavorando su un problema nella progettazione dei circuiti che era comunemente chiamato ‘la tirannia dei numeri’. Un giorno Kilby finalmente arrivò alla conclusione che la realizzazione di un gran numero di componenti su un singolo pezzo di semiconduttore fosse la soluzione al problema. Il 12 settembre presentò le sue ricerche ad alcuni dirigenti della Texas Instruments. Mostrò loro un pezzo di germanio con un oscilloscopio attaccato, premette un interruttore, e l’oscilloscopio mostrò un’onda sinusoidale, provando che il suo circuito integrato funzionava e che in tal modo aveva risolto il problema. Un brevetto per i “Circuiti elettronici miniaturizzati”, il primo circuito integrato, fu ottenuto il 6 febbraio 1959.
Kilby raggiunse il suo sorprendente risultato nello stesso periodo in cui Robert Noyce creava il suo primo microchip alla Fairchild Semiconductor ma il brevetto di Noyce arrivò 6 mesi dopo. Oltre a quello sui circuiti integrati, Kilby è conosciuto per brevetti relativi alle calcolatrici portatili e alle stampanti termiche ed in totale ottenne circa 60 brevetti.
Dalla tecnologia rivoluzionaria messa a punto da Kilby nascerà il primo microprocessore, l’intel 4004, sviluppato dall’italiano Federico Faggin nel 1968. Nonostante i traguardi raggiunti Kilby dovette aspettare molti anni per ricevere il giusto riconoscimento. Solo nel 2000, cinque anni prima della sua morte, Jack St. Clair Kilby fu insignito del Premio Nobel per la fisica: 65 anni dopo la sua invenzione. Oggi i microchip sono diventati indispensabili per la vita di tutti i giorni, veri e propri pilastri dell’era digitale che stiamo vivendo.
La continua ricerca di digitalizzazione e innovazione sarà al centro del Richmond IT director forum che si tiene a Rimini dal 12 al 14 novembre prossimi e organizzato da Richmond Italia. “L’invenzione del microchip continua a ispirare ancora oggi promettendo un futuro dove l’innovazione non conosce limiti” commenta Claudio Honegger, amministratore unico Richmond Italia. “Piccoli chip – sottolinea – sono ora i motori di grandi scoperte nell’Intelligenza artificiale, segnando ogni giorno una sorta di nuovo inizio nell’era tecnologica”.
Attualmente il mercato dei circuiti integrati sta vivendo un 2023 non semplice destinato a chiudersi, secondo Statista, con ricavi pari a 443 miliardi di dollari, un calo del -12% rispetto ai 504 del 2022. Le prospettive secondo gli analisti sono però positive e già nel 2024 si dovrebbe tornare ai 500 miliardi di dollari per poi, nel 2027 raggiungere i 600 miliardi con un tasso composto di crescita annuo del +7,8%.
Anche di questo si discuterà al forum di Rimini che si prevede come un momento di incontro tra la domanda e l’offerta di prodotti, servizi, soluzioni e progetti che coinvolgono i responsabili delle scelte informatiche e tecnologiche delle aziende italiane. I Responsabili, i Direttori IT, CIO e IT manager si confronteranno nel corso di sessioni e brainstorming sulla loro formazione umana e professionale.
Ai brainstorming è atteso anche Alberto Mattiello, Head of Innovation room Richmond Italia e Digital Marketing Innovation Professor presso l’Università Bocconi di Milano. “L’innovazione è una costellazione di nuovi inizi. E Richmond IT director forum – osserva Mattiello – è un’arena privilegiata in cui ci si confronta con un occhio attento a come tutto il futuro che oggi abbiamo tra le mani cambierà ogni aspetto del modo di lavorare”.
(di Andreana d’Aquino)