“Qui non c’è posto per l’ottimismo, ma c’è posto per la speranza! L’ottimismo serve ad andare avanti per il momento ma non ha sostanza, come invece ha la speranza”. Così Papa Francesco incontrando i terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, nel corso delludienza in Vaticano nell’Aula Paolo VI, dove sono stati ricevuti accompagnati dai loro vescovi, parroci e sindaci. Uscendo come sua consuetudine dalle parole scritte, per lasciarsi andare a quelle del cuore, a braccio, Bergoglio spiega il perché: “nella vostra situazione, il peggio che si può fare è fare un sermone. Preferisco prendere le vostre parole e farle mie, le parole che escono dal vostro cuore. Sono orgoglioso dei parroci dice poi il Papa -che non hanno lasciato la loro terra, pastori che non hanno abbandonato il loro gregge e che non sono fuggiti davanti al lupo. Vi sono vicino e vi ringrazio per essere venuti qui in Vaticano”. Quindi il Pontefice indica la strada migliore da seguire: “ricostruire i cuori, ancor prima delle case; ricostruire il tessuto sociale e umano. Urge ricominciare, senza lasciarsi amareggiare dalle ferite che ci sono nei vostri cuori. Per ricostruire ci vogliono il cuore e le mani: le mani di tutti, le mani di Dio che guariscono, le mani di tanta gente come quelle dei vigili del fuoco e dei volontari che hanno aiutato tanta altra gente a uscire dalle macerie. Ricostruire e restare, per non ferire ancora di più la propria terra, nonostante si siano persi i figli, i genitori, le case. Nei momenti di dolore, si fanno miracoli, ci si riconcilia, si lasciano da parte le divisioni e ci si ritrova tutti insieme”. E in alcune circostanze, osserva ancora Francesco “anche il pianto fa bene, ma piangere insieme fa meglio che piangere da soli. Le ferite guariscono, anche se le cicatrici resteranno per tutta la vita. Sarà una vita con una cicatrice in più: ci si è salvati la vita ma non sarà più una vita come quella di prima. E allora, vicinanza è il nocciolo che ci fa più coraggiosi e più umani”. Bergoglio saluta infine i fratelli terremotati incoraggiandoli a “ricominciare, senza perdere la capacità di sognare, sognare di riprendersi”.
M.