“Non c’è pace laddove manca lavoro o la prospettiva di un lavoro dignitoso. Non c’è pace nelle periferie delle nostre città nelle quali dilagano droga e violenza”. E lappello che Papa Francesco lancia ai leader europei ricevuti in Vaticano in occasione delle celebrazione dei 60 anni dai Trattati di Roma. “LEuropa aggiunge il Pontefice – ritrova speranza quando si apre al futuro. Quando si apre ai giovani, offrendo loro prospettive serie di educazione, reali possibilità di inserimento nel mondo del lavoro. Quando investe nella famiglia, che è la prima e fondamentale cellula della società. Quando rispetta la coscienza e gli ideali dei suoi cittadini. Quando garantisce la possibilità di fare figli, senza la paura di non poterli mantenere. Quando difende la vita in tutta la sua sacralità. Nel generale allungamento delle prospettive di vita, sessantanni sono oggi considerati il tempo della piena maturità. Unetà cruciale nella quale ancora una volta si è chiamati a mettersi in discussione. Anche lUnione Europea osserva Bergoglio – è chiamata oggi a mettersi in discussione, a curare gli inevitabili acciacchi che vengono con gli anni e a trovare percorsi nuovi per proseguire il proprio cammino. A differenza però di un essere umano di sessantanni, lUnione Europea non ha davanti a sé uninevitabile vecchiaia, ma la possibilità di una nuova giovinezza. Il suo successo dipenderà dalla volontà di lavorare ancora una volta insieme e dalla voglia di scommettere sul futuro. A voi, in quanto leader, spetterà discernere la via di un ’nuovo umanesimo europeo’, fatto di ideali e concretezza. Ciò significa non avere paura di assumere decisioni efficaci, in grado di rispondere ai problemi reali delle persone e di resistere alla prova del tempo”. Quindi Francesco ha tenuto ad esprimere la sua “particolare gratitudine” al premier Paolo Gentiloni e al presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, sottolineando che “ritornare a Roma sessantanni dopo non può essere solo un viaggio nei ricordi, quanto piuttosto il desiderio di riscoprire la memoria vivente di quellevento per comprenderne la portata nel presente. Occorre immedesimarsi nelle sfide di allora, per affrontare quelle delloggi e del domani”. Quindi, tornando a quel 25 marzo 1957: “Fu una giornata carica di attese e di speranze, di entusiasmo e di trepidazione, e solo un evento eccezionale, per la portata e le conseguenze storiche, poteva renderla unica nella storia. La memoria di quel giorno si unisce alle speranze delloggi e alle attese dei popoli europei che domandano di discernere il presente per proseguire con rinnovato slancio e fiducia il cammino iniziato. Ne erano ben consapevoli i Padri fondatori e i leader che, apponendo la propria firma sui due Trattati, hanno dato vita a quella realtà politica, economica, culturale, ma soprattutto umana, che oggi chiamiamo Unione Europea”. Dunque per il Papa linvito è di tornare a seguire la strada tracciata dai Padri fondatori: “Ci ricordano che lEuropa non è un insieme di regole da osservare, non un prontuario di protocolli e procedure da seguire. Essa è una vita, un modo di concepire luomo a partire dalla sua dignità trascendente e inalienabile e non solo come un insieme di diritti da difendere, o di pretese da rivendicare. Allorigine dellidea d’Europa vi è ’la figura e la responsabilità della persona umana col suo fermento di fraternità evangelica, con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da unesperienza millenaria’. Se fu chiaro fin da principio che il cuore pulsante del progetto politico europeo non poteva che essere luomo, fu altrettanto evidente il rischio che i Trattati rimanessero lettera morta. Essi dovevano essere riempiti di spirito vitale. E il primo elemento della vitalità europea è la solidarietà. Tale spirito – è l’esortazione del Papa – è quanto mai necessario oggi, davanti alle spinte centrifughe come pure alla tentazione di ridurre gli ideali fondativi dellUnione alle necessità produttive, economiche e finanziarie. Dalla solidarietà nasce la capacità di aprirsi agli altri”.
M.