Nonostante lo scetticismo di molti contribuenti nel donare l’8 per mille ad associazioni di volontariato, coloro che decidono di destinare la quota IRPEF (circa la metà dai contribuenti ) lo fanno in favore della Chiesa cattolica che incassa circa l’80% di ciò che viene donato. Secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel 2016, attraverso l’8 per mille sono stati raccolti circa 1,3 mld di euro; si tratta di redditi del 2012 così ripartiti:1 mld di euro alla Chiesa Cattolica, 187 milioni allo Stato e 37,3 mld alla Chiesa evangelica valdese e una minima parte è riservata alla altre confessioni religiose. Al di la degli spot pubblicitari che commuovono e spingono il contribuente “a far del bene a chi ne ha bisogno “, piuttosto che “chiedilo a loro”( per riprendere lo slogan della pubblicità 2016 per la donazione dell’Otto per mille), viene spontaneo domandarsi “chiediamolo alla Chiesa” come vengono impiegate le “abbondanti” quote ricavate. Tutti ci auguriamo che i ricavati effettivamente siano destinati a “Padre Claudio, a Giovanni, a Suor Giovanna o a Miriam”, o a coloro che si trovano in stato di bisogno, o a quanti mettono la propria vita al servizio del prossimo, piuttosto che al mantenimento del “grasso” clero con appartamento vista San Pietro! I dati rilevano che solo un quarto di quanto percepito con l’8 per mille è destinato ad opere di carità. La maggior parte dei fondi, almeno il 40%, sono impiegati per esigenze di culto e pastorali, per la gestione dei tribunali ecclesiastici, per spese inerenti la costruzione ed il mantenimento di edifici, senza appunto contare più il mantenimento del clero stesso. Infatti ciascuna curia provvede in proprio alle coperture finanziare delle spese come la paga per i sacerdoti e le pensioni di anzianità. Va inoltre ricordato come i controlli sui rendiconti non sono di tipo contabile, ma semplicemente finalizzati a verificare che l’utilizzo dei fondi sia in linea con le finalità previste: dunque nessun controllo su ricevute o fatture ne’ da parte dei ministeri né da parte della Cei che, nello specifico, demanda la gestione dei conti alle singole diocesi. In un contesto provo di controllo non mancano gli scandali balzati agli onori della cronaca, di vescovi finiti sotto inchiesta per essersi appropriati di quote incassate con l’8 per mille e fatte transitare nei propri conti bancari. Ultimo caso eclatante quello dell’abate vescovo di Montecassino che avrebbe speso centinaia di euro in festini a base di ostriche e champagne! Come ha affermato il cardinal Bagnasco: “si tratta di una situazione dolorosissima e penosa, ma va ricordato che in mezzo ad un grande popolo di persone consacrate generose e trasparenti può capitare un caso di vita contraddittoria”. Per questi motivi si sta cercando di ottimizzare al massimo quanto ricavato con l’otto per mille, al fine di destinare la maggior parte delle risorse ad opere di carità. Ulteriori interventi, che però stanno incontrando forti resistenze, riguarderanno anche il taglio delle diocesi, tanto invocato da Papa Francesco.
Morgana Dalla Torre